Su ki no s'idet: mostra/installazione di Francesco Zolo a Tissi

2-3 giugno 2018
Locali Ex Mà, via Italia Tissi

Una mostra personale rappresenta per ogni artista un punto fermo nel proprio discorso creativo, tappa di un percorso dal quale si scelgono i momenti più significativi anche per fare il punto su un ventaglio di possibilità future.
La personale di Francesco Zolo intitolata Su ki no s'idet (Ciò che non si vede) dà conto degli interessi culturali ma anche delle acquisizioni di tecniche e stili con cui ha attraversato quasi tre decenni di pratica artistica.
Insediato nel cuore del centro storico di Sassari con il suo spazio galleria - studio - laboratorio "Domo de Arte", l'artista sassarese produce le sue opere utilizzando le tecniche più diverse - disegno, pittura, scultura, ceramica - declinate con approcci altrettanto eterogenei - figurativo, astratto, informale - ma con lo sguardo sempre consapevole delle proprie radici, rivolto alla storia e all'archeologia dell'isola.
Non è certo il primo artista sardo affascinato da un passato remoto che ha impresso segni identitari forti nell'arte contemporanea sarda. Dee madri, protomi taurine, arcieri nuragici e molte altre forme e segni di una cultura antica e per molti aspetti ancora misteriosa, hanno fatto e fanno parte dell'immaginario di molti artisti isolani. Ma la ricerca artistica di Francesco Zolo pare saldamente e insistentemente fondata su questo passato così iconico e ricco di suggestioni per chi usa il linguaggio dell'arte per trasmettere idee ed emozioni. Cerchi, triangoli, spirali sono tutti elementi di cui l'arte e l'architettura nuragica e pre nuragica sono ricche, in forme più o meno elaborate ma sempre basate su questa geometria quasi sacrale, pregna di significati simbolici.
"La base di tutto è il cerchio - nota Francesco Zolo - e circolari sono i nuraghi o meglio, le torri nuragiche che si differenziano tra torri singole o complesse, cioè racchiuse in un complesso nuragico, veri e propri antesignani dei successivi castelli. La seconda figura base o forse la prima, la più ancestrale, è il triangolo equilatero. Questa forma è onnipresente nella simbologia già dal neolitico e richiama sia la figura maschile del toro, sia la figura femminile dell'utero. (...)"
Così lo sguardo dell'artista si sofferma su particolari di reperti archeologici più o meno noti che celano significati che non vengono colti dall'osservatore distratto o che a volte sono volutamente occultati da chi divulga la cultura nuragica.
È in questo senso che Zolo muove una critica ai detentori del sapere accademico e a chi ne diffonde le acquisizioni, puntando l'attenzione verso l'ipotesi dell'esistenza di una scrittura dei sardi nuragici. Un'ipotesi che gli archeologi accademici rigettano o quantomeno considerano con scetticismo e che invece è stata propugnata con forza da diversi studiosi e appassionati di archeologia. Ma aldilà della fondatezza delle tesi su questo o altri temi relativi alla cultura dei nostri progenitori, la personale di Francesco Zolo mira a mettere in luce i diversi e affascinanti aspetti di una cultura che riaffiora continuamente non solo dagli scavi archeologici e dalla tradizione artistica e artigianale sarda ma anche dall'inconscio personale e collettivo. Da questa attenta osservazione e precisa sensibilità nascono le ceramiche incise con segni misteriosi - quegli stessi segni da alcuni interpretati come lettere di un alfabeto e di una lingua perduti - e le opere grafiche raffiguranti la dea madre o le figure tipiche dei bronzetti nuragici, reinterpretati in chiave contemporanea.
Il forte interesse per i linguaggi contemporanei si manifesta anche in forme più slegate dalla tradizione, come nell'installazione composta di volumi geometrici in cui l'applicazione di colori fluorescenti ne modifica, a seconda dell'illuminazione, l'intensità dei toni e il loro stesso aspetto cromatico.
In questo confluire e sovrapporsi di passato e presente, di tecniche e sperimentazioni, si dipana il mondo interiore di Francesco Zolo in un viaggio alla ricerca di ciò che non si vede e che l'occhio dell'artista circoscrive per offrire al suo pubblico uno sguardo sui suoi luoghi dell'anima. Un'anima comune a tutti i sardi (consapevoli o meno essi ne siano) e a tutti coloro che amano la Sardegna.

Nessun commento

Powered by Blogger.